Opinioni - 05 gennaio 2022, 09:06

IL COMMENTO. Quel bambino lo chiamava papà. Ma era il diavolo che portava l'inferno sulla terra

Di solito i post-it, o i memo scritti su pezzetti di carta, si fissano al frigorifero con le calamite. L’infanticida Davide Paitoni invece no: lui i bigliettini li appone sul cadavere del figlio di sette anni. Perché è stato concesso al "male" di passare un Capodanno accanto a un innocente? Quanti armadi dell’orrore dovremo ancora aprire prima che qualcosa cambi?

Di solito i post-it, o i memo scritti su pezzetti di carta, si fissano al frigorifero con le calamite, per ricordarsi di comperare i carciofi o dare la pappa al gatto, oppure avvisare la moglie o il marito che si è usciti per un impegno improvviso. Di solito. L’infanticida Davide Paitoni invece no, ha inventato una variante, lui i bigliettini li ha apposti sul cadavere del figlio di sette anni che ha appena accoltellato con precisione chirurgica, un colpo alla gola con il serramanico, arma bastarda per eccellenza. Nell’era digitale si è dimostrato analogico, si è messo a scrivere il suo delirio, una sorta di macabro testamento in cui descrivere il piano di sangue che avrebbe terminato con l’uccisione della moglie e il suo suicidio. 

Poi si è ricordato di Whatsapp perché, come sappiamo, il male è banale, e gli assassini, alla fine, lo sono sempre. Un messaggio vocale al padre per avvertirlo di non aprire l’armadio, quasi fosse ritornato bambino e temesse la punizione del genitore per aver messo sottosopra abiti, lenzuola e coperte. Invece nell’armadio c’era Daniele morto, che poche ore prima aveva festeggiato l’anno nuovo assieme al padre e magari avevano parlato di vacanze o di regali, delle merende all’oratorio, chissà. 

Un bambino che avrà guardato negli occhi chi lo stava uccidendo, capendo troppo tardi che quello non era un gioco ma l’opera di una mente malata lasciata libera di agire nonostante i ripetuti allarmi di pericolosità. Purtroppo è capitato che un genitore uccidesse i figli per punire l’altro genitore e farlo vivere nello sconforto per il resto dell’esistenza, qui la follia è totale e non calcolata, con l’assassino che vuole mettere fine a tutto ciò che aveva costruito, una famiglia, con una moglie e un figlio, e tenta di farlo in maniera disordinata, da dilettante del crimine. 

Da vigliacco alla fine scappa come una lepre davanti ai cacciatori, poche ore dopo aver messo fine all'esistenza di un bambino che non poteva difendersi e fino all’ultimo lo aveva chiamato papà. Un delitto imperfetto, che condanna la moglie a un dolore senza fine, vittima del perenne ricordo del male. Un male che aveva provato sulla sua pelle ma non trasformato in allarme rosso da una legge imperfetta e lacunosa, fatta osservare a volte dimenticando il buonsenso e seguendo pedissequamente le scartoffie, negando l’evidenza e dando credito a una prassi che considera un momento di crescita per un bambino il frequentare il padre in caso di affidamento condiviso. Quale crescita psicologica e morale avrebbe avuto il piccolo Daniele possiamo solamente immaginarlo. 

Resta infatti da capire perché Paitoni, agli arresti domiciliari con un fresco precedente di tentato omicidio di un collega di lavoro e reiterate minacce alla moglie, come da denuncia presentata dalla donna nel 2019, abbia avuto il permesso di trascorrere il Capodanno con il figlio. Un uomo accusato di aver aggredito a coltellate un collega non è giudicato pericoloso per la società, sé stesso e la famiglia? Evidentemente no, se gli è stato concesso di spegnere con comodo la vita di un innocente, ignorando elementari principi di psicologia. Quanti armadi dell’orrore dovremo ancora aprire prima che qualcosa cambi?

Mario Chiodetti